domenica 17 novembre 2013

Al mio cuore, di domenica

Mentre fuori dalla finestra stormi di uccelli in sincrono disegnano figure plastiche di rara bellezza e precisione, riprendo in mano La gioia di scrivere di Wislawa Szymborska, una delle più geniali e grandiose poetesse
Banksy
dell'ultimo secolo, nonché una delle mie scrittrici preferite. La gioia di scrivere è la raccolta di tutte le sue poesie dal 1945 al 2009, edito da Adelphi e curato da Pietro Marchesani. Avevo inserito in settimana una brochure che mi fa da segno a pagina 249. Szymborska è spiazzante, profondamente semplice, ti fa vedere con una spruzzata di parole un punto di vista nuovo, una realtà data per scontata ma fondamentale. In questa poesia che adoro Al mio cuore, di domenica, mette in piedi un gioco di consapevolezza giusto e illuminante: ringrazia il suo fortissimo cuore che lavora, senza sosta, anche nel giorno in cui tutti – più o meno – riposano.

Ti ringrazio, cuore mio:
non ciondoli, ti dai da fare
senza lusinghe, senza premio,
per innata diligenza.

Hai settanta meriti al minuto.
Ogni tua sistole
è come spingere una barca
in mare aperto
per un viaggio intorno al mondo.

Ti ringrazio, cuore mio:
volta per volta
mi estrai dal tutto
separata anche dal sonno.

Badi che sognando non trapassi in quel volo,
nel volo
per cui non occorrono le ali.

Ti ringrazio, cuore mio:
mi sono svegliata di nuovo
e benché sia domenica,
giorno di riposo,
sotto le costole
continua il solito viavai prefestivo.

W. Szymborska.


La poetessa polacca, premio Nobel per la letteratura nel 1996, ci apre una finestra inaspettata: non diamo mai per scontato la meraviglia armonica che siamo. Se siamo, se possiamo scoprire chi realmente siamo, separandoci momentaneamente dal tutto, lo dobbiamo alla bellezza della nostra anima, e al nostro corpo, macchina perfetta pur nella sua imperfezione. E quindi grazie cuore, grazie fegato, cari polmoni quanto vi impegnate, e tu cervello? Ti voglio bene e grazie. Fermiamoci, ringraziamo i nostri organi: ci permettono la vita e lavorano con rara bellezza e precisione, come quegli uccelli che ancora fluttuano qui fuori, nel cielo di novembre. 

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