domenica 24 novembre 2013

In questa notte d'autunno

Quando faccio il laboratorio di poesia al giovedì mattina con le mie signore “diversamente giovani” e arriviamo alla lettura del testo di Nazim Hikmet In questa notte d'autunno mi viene posta spesso, da persone diverse, la stessa domanda: “Cosa significa l'ultimo verso? Le tue parole/ erano uomini”. La bellezza della poesia sta proprio lì, nel non trovare forzatamente una risposta, ma nel sentire quale risposta può essere adatta per te, in quel momento. Tutta la poesia racconta la forza della parola, come la parola possa essere veicolo di emozioni o di espressione di ciò che siamo e vorremmo essere. E allora la parola può essere madre, amica, può essere triste o allegra. Può essere uomo, donna, bambino, può essere l'energia irradiante con cui vogliamo comunicare al mondo il nostro esistere e il nostro amare. La parola può essere consapevolezza, se indagata nel profondo: posso pronunciare la parola Mani così, come un involucro superficiale e troppo conosciuto. O, d'altro canto, con questo suono posso poggiare la mia attenzione alle mani, far trasferire lì la mia anima per un po', toccarle, coccolarle, da fuori come da dentro. E ritorno. Sentite la forza e la fragranza delle parole del poeta turco.


1948

In questa notte d'autunno
sono pieno delle tue parole
parole eterne come il tempo
come la materia
parole pesanti come la mano
scintillanti come le stelle.
Dalla tua testa dalla tua carne
dal tuo cuore
mi sono giunte le tue parole
le tue parole cariche di te
le tue parole, madre
le tue parole, amore
le tue parole, amica
Erano tristi, amare
erano allegre, piene di speranza
erano coraggiose, eroiche
le tue parole
erano uomini

N. Hikmet


Era il 1948. Hikmet era rinchiuso da dieci anni in una prigione dell'Anatolia per le sue idee politiche contrarie a quelle del governo turco. Era stato condannato a ventotto anni di carcere, ne scontò dodici, e uscì di prigione nel 1950. Scrisse questa poesia due anni prima di tornare in libertà. Il non tradire le sue parole e quello in cui credeva l'aveva privato della libertà esteriore. Ma in questo moto di resistenza, accettazione e bellezza, anche lì, dietro le sbarre, il suo cuore poteva solo volare libero nella bellezza del creato. E le parole erano ali.



La poesia è recitata da Margherita Buy in questo frammento del film Le Fate Ignoranti, del regista turco Ferzan Ozpetek. Clicca sotto.

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